Due artisti a confronto: Peter Paul Rubens e Valerio Castello nel Seicento genovese
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Credo che un insegnamento superficiale e uno studio poco approfondito dell’arte rischi di far pensare all’osservatore che gli artisti e le opere siano qualcosa di singolo e isolato.
Entrando nei musei, camminando per i corridoi e le stanze, per poter comprendere al meglio ciò che vediamo dovremmo sforzarci di far dialogare ponendo a confronto artisti, opere che ci circondano e quelle che sappiamo essere i cardini principali della storia dell’arte o di un determinato periodo storico artistico.
È allora che il pubblico, cogliendo le uguaglianze, le similitudini e le novità, riuscirà a cogliere a pieno i singoli artisti e le singole opere…
Non c'è dubbio che la corrente artistica prevalente nella città di Genova e nel territorio ligure a partire dai primi decenni del Seicento fino a tutta la prima metà del Settecento sia il Barocco genovese.
Siamo all’inizio del Seicento quando l’arrivo a Genova di una tela del pittore fiammingo Peter Paul Rubens inizia nell’ombra a porre le basi per quella che sarà una delle stagioni artistiche più ricche e fiorenti della città.
È il 1604 quando a Rubens, dopo un soggiorno romano, dove ebbe occasione di conoscere di persona l’opera e lo stile di Caravaggio, venne commissionata per la Chiesa del Gesù la “Circoncisione”.
L’opera, ricca di novità, fu poco compresa ma essa da quando fu posta sull’altare della chiesa, rimase ad aspettare in un silenzio quasi imbarazzante a voler celare qualcosa di nuovo, di importante che segnerà per sempre la storia dell’arte ligure e genovese.
Sarà solo nel 1654, con l’arrivo nella chiesa di San Luca del “Adorazione di Magi” di Giovanni Benedetto Castiglione, che l’opera verrà rivalutata e diventerà il capo saldo di quello che viene definito il secondo seicento genovese.
Uno dei massimi esponenti di questa nuova e rivoluzionaria stagione artistica fu Valerio Castello.
L’artista, nato nel 1624, figlio del celebre pittore Bernardo Castello, dopo un apprendistato ininfluente presso Domenico Fiasella e Giovanni Andrea De Ferrai, viaggiò a Milano e Parma dove fu fortemente influenzato dalle opere di Giulio Cesare Procaccini, di Correggio, di Parmigianino e di Van Dyck.
Ritornato a Genova affascinato da Rubens medita con intelligenza sulle opere dell’artista a lui note e ne trae l’insegnamento della composizione in movimento.
L’influenza dell’artista fiammingo sul Castello è ben evidente soprattutto se si pongono a confronto e si mettono in dialogo due opere…
…Valerio Castello, nell’esecuzione della “Conversione di San Paolo” del 1649 circa, aveva certamente osservato a lungo il “Gio Carlo Doria a Cavallo” eseguito da Rubens nel 1606 a Genova.
Il committente, Gio Carlo Doria, esaltato da una “carica barocca”, avanza verso lo spettatore con fermezza e tranquillità, domando il cavallo imbizzarrito che, con forza caravaggesca, per mezzo del contrasto chiaroscurale sembra quasi sfondare lo spazio.
Valerio, pittore di un'altra generazione, circa cinquant’anni dopo riprende gli elementi innovativi, esasperando i movimenti e dilatando lo spazio. La composizione determina un movimento centrifugo che fa dello spazio il vero protagonista dell’immagine.
Il Castello realizza l’opera per mezzo di una pennellata rapida e veloce, mentre Rubens conferisce solidità alle forme rifacendosi allo studio dell’antico.
La luce è elemento essenziale di entrambe le tele: per Rubens, il suo scorrere veloce, consente il dialogo fra lo spettatore e il Gio Carlo Doria; mentre nella Conversione del Castello è l’elemento che permette al santo di cavalcare verso uno spazio infinito.
…Se Castello guardava a Rubens, come Rubens guardava a Caravaggio e così via, perché allora tendere ad isolare le opere?
Osservando con attenzione possiamo concludere dicendo che è la Storia dell’Arte stessa ad insegnarci che un artista, un opera non possono esistere da sole. È essa che ci porta sulla via del dialogo, del confronto sulla visione d’insieme degli artisti e delle opere…