top of page

Da Robert Plant a Giovanni Falzone: l'eredità dei Led Zeppelin

"Il rock è morto". Quante volte lo abbiamo sentito ripetere? In effetti, proprio un anno fa l'hip hop lo ha scalzato per la prima volta dalla posizione di secondo genere più ascoltato al mondo. Ma davvero il rock ha esaurito ciò che di nuovo ha da comunicare? Davvero è destinato a rimanere chiuso nel proprio passato, semplice eco di un periodo storico ormai concluso? L'esempio dell'eredità della musica dei Led Zeppelin e di due eventi tenutisi il mese scorso nel nostro Paese ci aiutano a rispondere a queste domande.

25 luglio 2018, ore 21:30, Castello Sforzesco, Milano.

Giovanni Falzone sale sul palco e prende posizione, al suo fianco si vedono la bacchetta da direttore d'orchestra e la sua fedele tromba.

Intorno a lui si siedono nove altri musicisti: due sembrano provenire da un'orchestra sinfonica, quattro da una big band anni '30 e tre potrebbero tranquillamente avere appena terminato una jam session in un locale.

La luna brilla grande sul Castello, alle spalle della platea, ma non c'è tempo per fermarsi ad osservarla: inizia il concerto – organizzato dall'associazione milanese Musicamorfosi – e in pochi minuti l'attenzione del pubblico è completamente rapita dalla musica.

Il progetto presentato dalla Giovanni Falzone Contemporary Orchestra si chiama Suite (Tribute to Led Zeppelin): una serie di brani provenienti dai primi quattro album degli Zeppelin e di altri originali, ma comunque ispirati al lavoro del gruppo inglese, in cui sonorità classiche, jazz e rock si fondono per formare qualcosa di contemporaneamente rievocativo e originale.

Il pubblico è stregato dalla bravura dei musicisti, dalle continue invenzioni musicali e dagli assoli e dalla simpatia di Giovanni Falzone, che in vent'anni di carriera ha spaziato tra formazioni di ogni tipo e che adesso ha unito le sue esperienze in questa suite sorprendente.

27 luglio 2018, ore 21:00, Ippodromo del Galoppo, Milano.

È la sera dell'eclisse totale di luna, ma dall'Ippodromo non la si riesce a scorgere. Tuttavia, anche questa volta gli sguardi hanno poco tempo per rimanere rivolti verso il cielo: tra le urla e gli applausi, dalle quinte escono Robert Plant, storico cantante dei Led Zeppelin, e i suoi Sensational Space Shifters.

Robert, nonostante sia ormai prossimo ai sett'antanni, è in forma smagliante e la sua voce non ha niente da invidiare a quelle delle nuove leve della musica internazionale.

Il primo brano è proprio degli Zeppelin, ma con il procedere della scaletta tutti si accorgono di non trovarsi al tipo di evento che un fan poco aggiornato si sarebbe potuto aspettare: le canzoni dei Led Zeppelin e della carriera solista di Robert – alcune delle quali provenienti dal suo ultimo disco, il recente Carry Fire – si alternano in nuove e spesso inedite versioni, combinando insieme generi musicali per molti inconciliabili.

Robert Plant è da sempre un attento ascoltatore della world music e negli anni ha saputo assorbirne alcuni elementi caratteristici: se già con gli Zeppelin l'influenza della musica indiana era manifesta, nel suo percorso successivo il cantante si è progressivamente avvicinato a sonorità arabe ed etniche in generale, arrivando infine a prendere contatto con la musica elettronica.

Poca nostalgia, dunque, ma continua sperimentazione e commistione di generi: il pubblico è in estasi e il concerto è un successo.

Mentre i cosiddetti fan "puristi" del rock tendono ad isolarsi nel loro elitarismo e a rifiutare la musica precedente e soprattutto quella contemporanea, tanto un jazzista come Giovanni Falzone quanto uno degli artisti che proprio quel rock lo hanno inventato si impegnano per farlo evolvere, elevandolo a punto d'incontro di esperienze musicali passate e presenti, occidentali e orientali.

Mentre molti ignorano o criticano ciò che non corrisponde perfettamente ai loro ricordi e ideali, relegando una cultura a rimanere chiusa nel suo passato e quindi a scomparire o, come minimo, a fare la muffa, c'è chi riconosce che ogni sforzo artistico condotto opportunamente può essere valido e può e deve influenzare gli altri e dagli altri farsi influenzare.

L'esempio dei Led Zeppelin si inserisce in una lunga lista di commistioni di questo tipo, dall'esperienza dei Deep Purple con l'orchestra sinfonica negli anni 2000 ai numerosi campionamenti di musica degli anni '70 che oggi, integrati in nuovi singoli commerciali, scalano le classifiche. A un anno di distanza da quando l'hip hop lo ha scalzato per la prima volta dalla posizione di secondo genere più ascoltato al mondo – al primo posto, per sua stessa natura, troneggia da sempre indisturbato il pop –, il rock non sembra intenzionato a lasciarsi confinare a semplice musica da revival: negli ambienti giusti, grazie alle persone giuste, ci sta dimostrando di avere ancora quacosa da dire.

Da dove iniziare:

- Whole Lotta Love (Led Zeppelin, Led Zeppelin II, 1969) - Stairway to Heaven (Led Zeppelin, Led Zeppelin IV, 1971) - Kashmir (Led Zeppelin, Physical Graffiti, 1975) - Dark Times / Good Times, Bad Times (Giovanni Falzone Contemporary Orchestra, Suite (Tribute to Led Zeppelin), 2016) - Whole Lotta Love (Giovanni Falzone Contemporary Orchestra, Suite (Tribute to Led Zeppelin), 2016) - Carry Fire (Robert Plant, Carry Fire, 2017)

- Keep It Hid (Robert Plant, Carry Fire, 2017)

bottom of page