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Affinità e Divergenze tra il Compagno Serse e Matteo Salvini

Come gran parte delle discipline che compongono il pensiero occidentale, il metodo storiografico ha origini greche. Con tale aggettivo di provenienza non mi riferisco ai confini nazionali attuali, ma al contesto assai più ampio e variegato dell'Ellade del V secolo avanti Cristo; quella "grecità" che non aveva riconoscimenti politici né tantomeno etnici, ma puramente culturali e sociali. A questo proposito, circa un secolo dopo, con la consapevolezza tardiva che un'epoca acquista quando inizia a decadere, Isocrate scrive: "Si chiamano greci piuttosto le genti che partecipano alla nostra educazione, che quelle che hanno il nostro stesso sangue". (Panegirico, 50).

Infatti, il "padre della storia" nasce ad Alicarnasso, l'odierna Bodrum, sulla costa sud-occidentale della Turchia. Nonostante ciò, è il primo a riconoscere l'esistenza di un valore comune e a definirlo "το ἑλληνικόν" e, in particolare, a esprimerlo sulla base di una libertà politica che contrappone al dispotismo persiano.

Proprio lo scontro coi "barbari" fornisce a Erodoto il materiale per le sue Storie. L'opera, letta con gli occhi smaliziati di uomini del ventunesimo secolo, ci appare tutto meno che un'analisi rigorosa e scientifica dei fatti. Il racconto principale è continuamente interrotto da excursus (λόγοι) più o meno lunghi e di contenuto vario: geo-etnografico, storico, novellistico, eccetera. Lo storico riconosce di avere bisogno di strumenti e valutazioni critiche nella sua ricerca (ἱστορίη, appunto), ma si perde negli avvenimenti troppo lontani dalla sua visione diretta (αὐτοψία, quella che adesso facciamo sui cadaveri, tanto per intenderci), che spesso naufragano nel mito. La struttura dell'opera erodotea è stata perciò paragonata a un grandioso sistema fluviale, con un fiume principale e numerosi affluenti, nei quali sfociano a loro volta corsi d'acqua più piccoli.

Ma proprio questi capitomboli storiografici di un metodo che sta facendo i primi passi sono le parti del suo lavoro che godono di maggiore apprezzamento tra i moderni, con una struttura quasi drammatica che eredita molto dalla tragedia greca, insaporita da aneddoti gustosamente folkloristici. Tra questi, me ne è venuto in mente uno in particolare, leggendo i giornali degli ultimi giorni.

Serse, re dei Persiani, ha ereditato dal padre Dario la tracotanza nei confronti della divinità, la temibile ὕβϱις dalla quale scaturisce l'intera tragediografia greca, assieme alla corona. Nell'organizzare una nuova spedizione contro la Grecia, decide di farsi beffe delle leggi naturali che vogliono il mondo greco e quello orientale separati dall'Ellesponto, l'attuale stretto dei Dardanelli, e li unisce attraverso un monumentale ponte di barche. Poseidone, adirato per la sua sfacciataggine, scatena sulla costruzione quasi ultimata una terribile tempesta, che la distrugge completamente. Erodoto ci racconta, con il sorriso di bonaria superiorità con cui da sempre noi occidentali guardiamo il resto del mondo, che l'adiratissimo sovrano, non contento di giustiziare sommariamente gli ingegneri al suo seguito, se la prende nientemeno che col mare: gli vengono inflitte trecento frustate, con tanto di maledizione e marchiatura a fuoco.

Parlando di crolli di ponti molto più recenti e vicini a noi, la frusta che chi ci governa sta utilizzando su Genova è solo quella mediatica e gli anatemi viaggiano con meno sacralità su Twitter. Ma le reazioni a caldo dei politici italiani si avvicinano molto alla sconsiderata ira del monarca persiano.

Questo è uno dei primi interventi del nostro Ministro degli Interni dopo la tragedia: "Più penso ai morti di Genova, più mi arrabbio. I responsabili di questo disastro, con nomi e cognomi, dovranno pagare, pagare tutto, pagare caro." Anziché stringersi in cordoglio di fronte a un dolore così incommensurabile, gli italiani sono portati a lanciarsi occhiate di diffidenza e accusa, pronti a lanciarsi in una prmordiale caccia alle streghe. "Se ci sono vincoli europei che ci impediscono di spendere soldi per mettere in sicurezza le scuole dove vanno i nostri figli o le autostrade su cui viaggiano i nostri lavoratori, metteremo davanti a tutto e a tutti la sicurezza degli Italiani" dice in un'intervista che pubblica orgogliosamente su Twitter. Peccato che questi fantomatici "vincoli europei" non vengano mai citati espressamente e che l'allusione si perda nel canonico riferimento a un'Europa maligna sempre intenta a tramare alle nostre spalle. Rincara la dose, rigorosamente via social, il Ministro delle Infrastrutture, Danilo Toninelli: "Esecreteremo integralmente tutti i contratti in essere con i concessionari #autostrade e li pubblicheremo sul sito del @mitgov. Inoltre con il Governo del cambiamento non ci saranno più convenzioni che avvantaggiano i gestori privati a discapito dello Stato." Inchieste e provvedimenti in tempo reale, per quanto carenti di riflessioni e approfondimento, proprio come le condanne di un despota orientale di migliaia di anni fa.

In uno stato di diritto esistono organi deputati all'individuazione e alla condanna dei colpevoli e questi non sono, almeno per ora, sfiorati minimamente da proclami gonfi di sdegno e giustizialismo. Le esecuzioni di massa vanno lasciate a capitoli di storia che si perdono nella leggenda; smettiamo di rincorrere teorie complottiste diffuse da catene di Whatsapp e smettiamo di cercare febbrilmente un capro espiatorio sul quale vomitare indistintamente rancore e fiele.

Piangiamo: perché è questo che ci rende umani, il sentirci mancare la terra sotto i piedi di fronte alla morte, improvvisa, ingiusta, straziante. Poi agiamo: perché è questo che ci rende civili, il non lasciarci stordire dal dolore e il rendere giustizia a chi non c'è più, cercando di attivarci con cognizione di causa per evitare in ogni modo che tragedie di questa portata possano ripetersi.

Non ci stiamo macchiando di ὕβϱις , se riteniamo che anche in Italia ci sia posto per la giustizia, per la sicurezza, per il progresso.


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