top of page

Giusy Ferreri e i tributi evitabili

"Con tutti i cantanti che ci sono, ma stai scherzando? Proprio la peggiore per rappresentare la migliore, con tutte le voci grandiose che io ho sentito che ci sono in Italia?"

- Cheryl Porter, 2018

In questi giorni si sta tenendo a Riccione la quarta edizione del Deejay On Stage, un festival di musica commerciale nato nel 2015 e organizzato da Radio Deejay.

Se quest'anno le cose fossero andate come al solito, non ci sarebbe stato molto da dire: fan e turisti si sarebbero goduti i concerti e critici e musicisti li avrebbero tranquillamente potuti ignorare.

Invece ciò che è avvenuto durante l'ottava serata della manifestazione – e che coinvolge la resident band di questa edizione, gli Street Clerks, e gli headliner Giusy Ferreri e Boomdabash – ha causato scandalo e polemica, sollevando al contempo alcune questioni interessanti.

Ma cos'è successo?

È la sera del 16 agosto e ci stiamo avvicinando alla fine dell'esibizione di Giusy Ferreri, quando sul palco sale Rudy Zerbi, uno dei presentatori dell'evento, e annuncia che produttori e artisti hanno pensato di rendere omaggio ad Aretha Franklin – cantautrice americana, icona assoluta della black music –, scomparsa quella mattina.

Niente di troppo complesso: due piccoli estratti da altrettanti brani di Aretha interpretati da alcuni ospiti della serata. Zerbi non manca di specificare che è una cosa decisa all'ultimo momento, a malapena provata durante il soundcheck, ma qui abbiamo a che fare con artisti di indubbia fama: cosa potrebbe mai andare storto?

Si inizia con la celebre Think: l'arrangiamento è modesto e gli Street Clerks appaiono quantomeno incerti nell'eseguirlo, ma l'attenzione devia rapidamente da loro, non appena Giusy Ferreri raggiunge il proscenio e inizia a cantare.

Giusy regge un foglio di carta A4, dal quale legge il testo della canzone. Non c'è il consueto gobbo elettronico, neanche l'ombra di un leggio: solo un normale foglio di carta tenuto in mano, che copre quasi completamente il viso della cantante siciliana.

La pronuncia inglese lascia un po' a desiderare; l'intonazione è più volte messa a dura a prova, fino a mancare del tutto durante gli acuti più impegnativi.

Dopo un lungo minuto, la musica cambia: i Clerks attaccano I say a little prayer – brano registrato per la prima volta da Dionne Warwick nel 1967, ma portato poi al successo da Aretha l'anno successivo – e Giusy viene raggiunta sul palco da Biggie Bash (al secolo Angelo Rogoli), voce del gruppo salentino Boomdabash.

È proprio Biggie Bash il primo a cantare, mancando la tonalità della canzone e riuscendo a intonarsi solo verso la fine dell'estratto, quando alla sua voce si aggiunge quella di Giusy, in un'armonizzazione non particolarmente convincente.

Anche questo brano finisce. Seguono applausi e ringraziamenti.

Si potrebbe pensare che quanto avvenuto non sia particolarmente grave, niente più di una brutta esecuzione, ma sono molti gli esperti che negli ultimi giorni si sono espressi sulla vicenda, generando un dibattito attuale e costruttivo.

La voce più autorevole tra quelle sollevatesi è senza dubbio quella di Cheryl Porter, cantante e vocal coach statunitense attiva in Italia da oltre vent'anni.

La sua critica, avanzata con un video pubblicato sulla sua pagina Facebook sabato 18 agosto, si concentra principalmente su due punti: da un lato la mancanza di rispetto verso la cultura afroamericana e una delle sue maggiori rappresentanti, dall'altro la scarsa preparazione di molte delle nuove celebrità italiane, a discapito dei tanti artisti di talento presenti nel nostro Paese.

Si potrebbe obiettare che Cheryl stia generalizzando, ma non è la prima volta che ci troviamo di fronte a un situazione di questo tipo.

Il 4 marzo 2013, pochi giorni dopo la scomparsa di Lucio Dalla, si tenne nella sua Bologna un concerto-tributo in suo onore, trasmesso in diretta nazionale, in cui comparirono decine tra i più famosi artisti italiani. Tra questi non figurò l'amico di una vita Francesco De Gregori, che si rifiutò di prendere parte a quella che probabilmente giudicò una farsa.

L'evento fece discutere non solo per il livello infimo di molte delle esibizioni della serata, ma anche per la pacchianeria con cui il tributo fu condotto.

Non di molto superiore è stato il concerto tenutosi lo scorso 7 giugno al San Paolo di Napoli per ricordare Pino Daniele, giudicato aspramente da una larga fetta della comunità musicale italiana.

Non solo la tendenza a non mostrare il giusto rispetto per le culture altre dalla nostra, dunque, ma un atteggiamento diffuso e applicato abitualmente, indipendentemente dalla nazione di provenienza dell'artista scomparso.

Quanto mai attuale è poi la questione della scarsa preparazione musicale di molti artisti di spicco – italiani e stranieri –, in un mondo che esalta cantanti mediocri, la cui voce viene resa perfetta grazie a strumenti quali Auto-Tune e Melodyne, e trascura invece i tanti veri talenti che dedicano la loro vita allo studio e al perfezionamento delle proprie capacità.

Magra è la consolazione nel vedere che non siamo gli unici ad avere un gusto discutibile in fatto di tributi: durante gli MTV VMA di lunedì sera, Madonna ha iniziato un discorso con l'obiettivo di omaggiare la grande Aretha ed è finita invece a parlare quasi esclusivamente di sé e della propria carriera.

Tutto questo, in particolare la polemica sull'educazione musicale, trova riscontro in fatti come quelli del Deejay On Stage, che devono servire da companello d'allarme per correggere al più presto la rotta.

Il messaggio di Cheryl Porter è chiaro e si condensa nelle parole con cui si apre il suo video di denuncia: “Dovete fare meglio di così”.

Da dove iniziare:

- Think (Aretha Franklin, Aretha Now, 1968) - I say a little prayer (Aretha Franklin, Aretha Now, 1968)

©2018 by Xanthippe. Proudly created with Wix.com

  • Black Instagram Icon
bottom of page