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Da Howard Shore a Fabio Caressa: il gioco del silenzio

Quando si parla di musica, subito si pensa a suoni e rumori: si pensa al timbro di una voce, al rullo di un tamburo. Si tende invece a dimenticare che vi è un terzo elemento fondamentale perché qualsiasi composizione possa prendere forma: il silenzio.

La musica non è infatti solo l'organizzazione nel tempo e nello spazio di una serie di suoni, ma anche dei silenzi che distanziano quei suoni, e il segno grafico che li rappresenta – la pausa – non è meno importante di quanto lo siano le note.

Ma davvero il silenzio può essere così rilevante? Davvero la mancanza di qualcosa può essere tanto degna di attenzione?

L'uso delle pause in musica è costante e spesso impercettibile, ma per capirlo occorre partire dai casi in cui si sceglie di dare loro una posizione preminente, per sottolineare un momento specifico e magari dare più enfasi a ciò che viene dopo, come avviene durante un discorso o una narrazione nelle cosiddette pause a effetto.

Per trovare esempi lampanti di queste interruzioni, allontaniamoci un istante dalla musica in senso stretto e analizziamo invece un caso dove essa funge semplicemente da accompagnamento e uno dove invece risulta del tutto assente.

Il Signore degli Anelli: Il ritorno del re (2003) Ci stiamo avvicinando alla fine del film e l'esercito di cui fanno parte i protagonisti è circondato dalle truppe nemiche, numericamente e strategicamente in vantaggio. Vincere sarebbe praticamente impossibile, ma lo scopo del combattimento è quello di far guadagnare tempo all'eroe Frodo, che nello stesso momento si accinge ad adempiere allo scopo primario dell'intera storia: gettare l'anello tra le fiamme del Monte Fato e così distruggerlo.

L'inquadratura si posa sui volti preoccupati dei personaggi principali, sottolineata da alcune semplici note, ma queste – e qualsiasi altro suono – si fermano improvvisamente, creando un silenzio rotto solo dopo alcuni secondi dalla voce del comandante Aragorn, che pronuncia la celebre frase "Per Frodo".

A questo punto la colonna sonora di Howard Shore si solleva impetuosa, accompagnando la corsa dei soldati verso il nemico e riempiendo la scena durante lo scontro.

Finale del campionato mondiale di calcio 2006: Italia - Francia

Siamo alla fine dell'ultima delle partite che hanno visto l'Italia di Marcello Lippi dominare i mondiali del 2006. Alla telecronaca c'è Fabio Caressa, che ha seguito ogni match con grande spirito e senza mai risparmiare la voce.

Fabio Grosso si avvicina al dischetto: dopo quattro rigori centrati dall'Italia e un errore commesso dai francesi, dal suo tiro dipende l'esito della partita. Ci si aspetterebbe un commento da Caressa, ma questo, dopo aver pronunciato il nome del giocatore, si limita a trattenere il fiato come i milioni di telespettatori in attesa.

Grosso tira, il pallone entra e solo allora, dopo quasi un minuto di assoluto silenzio, Caressa esplode nel grido che tutti stavano aspettando: "Goal!".

È dunque evidente come il silenzio, tanto nell'arte quanto in ambiti del tutto diversi, possa avere una posizione principale, ma la particolarità della sua funzione nella musica è quella di operare ininterrottamente, tanto in grande quanto in piccolo.

Così esistono pause epiche ed eccitanti come nell'esempio di Howard Shore, ma anche altre più semplici e comunque emozionanti – come nel ritornello di Parlami d'amore dei Negramaro, quando per un attimo gli strumenti si fermano e rimane solo la voce di Giuliano Sangiorgi, o come nel falso finale di L'amore trasparente di Ivano Fossati –, fino ad arrivare a quelle pause piccole e continue che sono parte della struttura stessa di ogni componimento musicale, allo stesso modo in cui il vuoto è parte necessaria perché la rete di una racchetta da tennis o il pizzo di un vestito possano essere definiti tali.

Se è vero che l'emozione generata da una canzone sembra quasi svincolata dalla materia e appartenente invece all'ambito della magia, di fatto questa magia proviene da una serie di regole ed elementi specifici: il silenzio – percepito o meno che sia – rappresenta uno degli ingredienti irrinunciabili di questa formula.

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