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Le fede di Mozart


Il solo suono del nome “Mozart” evoca in chi lo pronuncia o ascolta un dolce sorriso e ricordi di un’ineffabile bellezza.

Tanto è stato scritto su di lui, fiumi di inchiostro scorrono su pagine e pagine di libri, trattati, riviste, biografie, eppure si trova sempre qualcosa di nuovo da dire, nuove impressioni, nuovi pensieri, nuovi concetti, nuove scoperte.

Un aspetto poco indagato dai biografi è senza dubbio quello della fede cristiana che viveva nel cuore di Mozart e aleggiava su tutta la sua musica. Uomo dalle molte sfaccettature, è stato nei secoli dipinto in diversi modi, e vennero spesso accentuate l’una o l’altra caratteristica della sua complessa personalità.

C'è il Mozart libertino, frivolo e settecentesco, il pacato Mozart massone e illuminista, l'appassionato Mozart romantico tutto genio e sregolatezza, e così via. Lungi da me il confutare in toto una di queste immagini, trovo sia necessario però far luce su un aspetto della sua vita che non solo è fondamentale per descrivere la sua identità, ma è anche caratterizzante di tutto il suo essere e la sua produzione: la sua dichiarata fede cattolica.

Innanzitutto conviene dare un’occhiata al suo epistolario, che contiene importanti testimonianze a riguardo. Leggiamo ad esempio in una lettera scritta da Augusta il 25 ottobre 1777: “Papà può vivere tranquillo, io ho sempre Iddio dinanzi agli occhi. Riconosco la sua Onnipotenza, temo la sua ira, ma riconosco pure il suo Amore, la sua Compassione e la sua Misericordia in relazione alle sue creature; egli non abbandonerà mai i suoi servi. Tutto ciò che va secondo la sua volontà, questo piace anche a me, di conseguenza nulla può mancarmi, ed io sono felice e contento.” In un’altra lettera dello stesso anno, datata 20 dicembre, abbiamo conferma di quanto Wolfgang aveva in precedenza affermato:

“Ho scritto che la sua ultima lettera m'ha fatto molto piacere; è vero! Solo una cosa mi ha fatto assai dispiacere; la domanda se avessi forse dimenticato di confessarmi. Qui non ho nulla da aggiungere. Solo mi permetto di pregarla d'una cosa: non pensi proprio così male di me. Ho molto piacere d'essere allegro, ma stia certo che nonostante tutto, so essere anche molto serio. Da quando sono partito da Salisburgo (e anche a Salisburgo) ho incontrato gente cui mi sarei vergognato di assomigliare nel parlare e nell'agire, sebbene siano persone di 10 e 20 e 30 anni maggiori di me! La prego dunque, ancora una volta e molto umilmente, d'aver un'opinione più buona di me”.

Un anno dopo, nel giorno della morte di sua mamma, possiamo leggere invece in una lettera indirizzata al padre Leopold: “Poniamo la nostra fiducia in Dio e confortiamoci con il pensiero che tutto va bene se va secondo la volontà dell'Onnipotente, perché Egli sa più di tutti noi quel che è giusto e vantaggioso sia per la nostra felicità e la nostra salute terrena sia per quella eterna.”

L’epistola continua poi in questo modo: “Subito dopo la sinfonia, per la gioia sono andato al Palais Royal, ho preso un gelato, ho recitato il rosario che avevo promesso e sono andato a casa, dove mi trovo sempre bene e dove vi starei sempre più volentieri; e così anche in casa di qualche buon tedesco, autentico e sincero, che quando è celibe vive solo come un buon cristiano, mentre quando è sposato ama la moglie e pensa ad educare bene i suoi figli”. Un passo della medesima lettera ci fornisce invece il suo parere su uno dei filosofi più celebri e diffusi all’epoca: “Ora le comunico una notizia che forse saprà già: quell'ateo e arcibirbone di Voltaire è morto come un cane. Che ricompensa!”

Ma uno dei documenti più toccanti lasciati da Mozart è senza dubbio questo: “Dato che la morte (ben riflettendo) è l'ultimo, vero fine della nostra vita, da qualche anno sono entrato in tanta familiarità con questa sincera e carissima amica dell'uomo che la sua immagine non solo non ha per me più nulla di terribile, bensì mi appare persino molto tranquillizzante e consolante! E ringrazio il mio Dio di avermi dato la fortuna di avere l'opportunità (lei mi comprende) di riconoscere in essa la chiave che apre la porta alla nostra autentica felicità. Non mi addormento mai senza pensare che (per quanto giovane sia) l'indomani forse non ci sarò più. Ma nessuno, tra tutti coloro che mi conoscono, potrà dire che in compagnia io sia triste o di pessimo umore. E di questa fortuna ringrazio ogni giorno il mio Creatore e l'auguro con tutto il cuore ad ognuno dei miei simili”.

Si potrebbe andare avanti a lungo con altri esempi epistolari, ma credo che l’esempio più bello e importante della sua fede sia proprio la sua musica. Ne parla in maniera entusiasta il papa emerito Benedetto XVI, commentando in questo modo il pensiero sulla morte che ho riportato prima: “È uno scritto che manifesta una fede profonda e semplice, che emerge anche nella grande preghiera del Requiem, e ci conduce, allo stesso tempo, ad amare intensamente le vicende della vita terrena come doni di Dio e ad elevarci al di sopra di esse, guardando serenamente alla morte come alla ‘chiave’ per varcare la porta verso la felicità eterna […]

La “mozart’sche Heiterkeit” (“serenità mozartiana”) è un dono della grazia di Dio, ma è anche il frutto della viva fede di Mozart, che – specie nella sua musica sacra – riesce a far trasparire la luminosa risposta dell’Amore divino, che dona speranza, anche quando la vita umana è lacerata dalla sofferenza e dalla morte. […] In Mozart ogni cosa è in perfetta armonia, ogni nota, ogni frase musicale è così e non potrebbe essere altrimenti; anche gli opposti sono riconciliati e la ‘serenità mozartiana’ avvolge tutto, in ogni momento. [...]

Il Requiem è un’alta espressione di fede, che ben conosce la tragicità dell’esistenza umana e che non tace sui suoi aspetti drammatici, e perciò è un’espressione di fede propriamente cristiana, consapevole che tutta la vita dell’uomo è illuminata dall’amore di Dio”.

Non sappiamo se Mozart avesse intenzionalmente pensato al Requiem come ad una messa scritta per la sua morte, di cui avrebbe preso coscienza man mano che le sue condizioni di salute peggioravano. Ritengo ciò probabile e verosimile, più concreto di una semplice fantasticheria. Ma la cosa certa è che quella musica sublime che così bene esprime le parole della liturgia, non può non essere il frutto, oltre che di un eccelso genio musicale, anche di un grande cuore e di una profonda fede nel contenuto di quelle parole.


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