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Narciso e Boccadoro


Narciso e Boccadoro è un romanzo dello scrittore tedesco Hermann Hesse (Calw, 1877 - Montagnola, 1962), pubblicato nel 1930 e ambientato in un Medioevo sospeso tra il realistico e il favoloso nel quale si sviluppa, reggendosi sull’architettura di un romanzo di formazione, la vicenda di una singolare amicizia tra il novizio Narciso e il giovane scolaro Boccadoro, due personaggi estremamente diversi l'uno dall'altro, ma al tempo stesso incredibilmente complementari. Il loro legame e l'unione tra le loro opposte caratteristiche portano entrambi, in particolar modo Boccadoro, a trovare la propria strada e la propria vera identità.

L'incontro tra i due protagonisti avviene nell'immaginario convento di Mariabronn, forse una proiezione del seminario evangelico di Maulbronn, frequentato dall’autore durante l'adolescenza. Fin dall'inizio della vicenda si può constatare come Narciso, brillante studioso e novizio del convento, abbia già trovato il proprio posto nel mondo e deciso quale sarà il suo destino; grazie alla sua sconfinata erudizione, nonostante la giovane età, è già stato introdotto nell'ambito dell’insegnamento agli scolari del convento. Narciso è perfettamente consapevole di essere destinato a prendere l'abito monacale, ovvero ad un futuro ben diverso da quello che si prospetta all’adolescente Boccadoro. Narciso si rende presto conto che l'amico è dotato profondamente di una finezza e di una forza, nei sensi e nell'anima, che potrebbero condurlo a divenire un artista, contrariamente alla volontà paterna, che ha perentoriamente consegnato Boccadoro ad un avvenire da sacerdote. Il contrasto tra la dimensione paterna e quella materna, forse anche come conseguenza dell'incontro di Hesse con la psicanalisi avvenuto negli anni Dieci, emerge decisamente in diversi punti della vicenda: la figura della madre perduta, precedentemente rimossa, si affaccia improvvisamente alla memoria del giovane scolaro in seguito alla sollecitazione dell'amico Narciso, che gli rivela la sua vera natura, descrivendola come quella dei poeti, degli amanti e dei sognatori, di origine materna, terrena; un’indole che deve costruirsi nell'esperienza viva e nella forza dell'amore e dei sensi. Da quel momento Boccadoro assume poco a poco la consapevolezza del fatto di dover cercare se stesso al di fuori dal convento, e intraprende una serie di peregrinazioni che lo porteranno ad esplorare le contrade più disparate, ma in primo luogo il proprio animo. L’instancabile vagabondare di Boccadoro è infatti immagine trasparente di un cammino interiore, che da innocente e ingenuo scolaro giunge alla maturità e alla consapevolezza di sé attraverso il viaggio e soprattutto grazie all’intreccio di brevi relazioni con donne diverse, in ognuna delle quali Boccadoro scorge caratteristiche che gli torneranno alla mente nel momento in cui gli sarà ben chiaro il proprio destino: diventare un artista. Spirito apollineo e dionisiaco, recuperati dal pensiero filosofico di Nietzsche, s’intrecciano indissolubilmente sia nel rapporto tra il saggio e razionale Narciso e l'inquieto e geniale Boccadoro, sia nell’interiorità di quest'ultimo. Il mondo terreno e femminile, nelle sue sfaccettature, determina l'evoluzione del giovane, che dopo un periodo di studio della scultura presso l'officina di un artista, ovvero Maestro Nicola, riesce a porsi come meta artistica la realizzazione di una “Madre-Eva”, ovvero della Madre primigenia e generatrice, che possa accogliere nella sua figura alcune caratteristiche della propria madre e di tutte le donne con cui ha instaurato rapporti. Questo concetto di meta artistica ha molti punti di contatto con la filosofia platonica, specificatamente alla teoria sull'arte, secondo la quale l'artista si ispira ad un'idea appartenente alla natura, creazione divina che l'arte, in quanto mera imitazione, non può in alcun caso rappresentare nella sua interezza e complessità.

Affinché un artista possa essere chiamato tale, è necessaria una componente spirituale, fornitagli da Narciso e dal mondo paterno. Boccadoro ne assume gradualmente consapevolezza, fino a rendersi

conto di essere un artista in grado di “[...] sentire con profondità e intensità la bellezza del mondo” ma che spesso si sente incapace di estrinsecarla appieno.

Boccadoro percepisce di essere inesorabilmente spinto “[...] alla madre, alla voluttà e alla morte” e di non appartenere affatto al lato paterno della vita, che coinvolge principalmente la spiritualità. È a questo punto che Narciso salva di nuovo l'amico: egli riesce difatti ad intercedere per lui quando in seguito alla condanna a morte per furto ai danni di Agnese, l'amante del governatore con la

quale, in realtà, Boccadoro ha precedentemente intrecciato una relazione. Questo episodio, unito all'antecedente attraversamento di villaggi in cui dilaga un'epidemia di peste, potrebbe essere visto come una sorta di “discesa ad inferos”, dalla quale soltanto Narciso può tirarlo fuori riportandolo al convento di Mariabronn, dove gli assegna uno studio per far sì che possa dedicarsi alla propria arte. Il soccorso che Narciso, divenuto nel frattempo abate del convento - realizzando pienamente le aspettative iniziali del romanzo - presta all'amico, può essere interpretato come un freno che morale, razionalità e spirito pongono alla dimensione corporea e terrena dell’uomo per evitare che questi si spinga troppo oltre il limite.

“Narciso e Boccadoro” è un'opera ben contestualizzata nel corpus hessiano, dettato da un’indubbia coerenza tematica e ideologica. In Hesse, il ritmo dell'universo è sempre caratterizzato da una scissione, una polarizzazione che viene in un certo qual modo risolta grazie a fenomeni, quali amicizia ed eros, che si sviluppano tra caratteri antitetici e complementari. Questa funzionalità reciproca è ciò che porta ad una sintesi, una coincidenza tra opposti che viene appunto

espressa nella filosofia di Nietzsche: spirito apollineo e dionisiaco, raziocinio e natura, componenti fondamentali della vita, dell'arte e dell'universo, la cui integrazione porta a conoscere se stessi, il mondo e la verità; tale unione è indispensabile per amare e vivere, ma anche per morire, come afferma Boccadoro nelle ultime parole comprensibili rivolte a Narciso poco prima di spegnersi.

Nessuna delle due nature può sopravvivere senza l'altra, deve esservi sempre un accordo tra le due, sia nell'arte che nella vita.

In conclusione, non è affatto da escludere che in quest’opera vi sia anche un rilevante motivo autobiografico: come già accennato sopra, Hesse fu avviato agli studi teologici nel seminario di Maulbronn, dal quale tentò più volte la fuga e, addirittura, il suicidio. Per assecondare la propria sensibilità artistica, fu costretto a lasciare la famiglia, che gli aveva impartito una severa educazione protestante, e a

formarsi come autodidatta. In queste vicende giovanili dell'autore, possiamo scorgere un richiamo al tormentato percorso di formazione di Boccadoro.

In foto:

René Magritte, Il doppio segreto, 1927

René Magritte, L'amico dell'ordine, 1964, particolare


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