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Il ritorno dei Tool: una recensione di 'Fear Inoculum'

Lo scorso 30 agosto è uscito Fear Inoculum, il quinto album in studio dei Tool, che segue di tredici anni il precedente 10,000 Days.

La notizia ufficiale della pubblicazione, diffusa l'8 maggio, ha scatenato l'entusiasmo dei fan, abituati ormai da anni a continue indiscrezioni rivelatesi ogni volta inattendibili e a falsi annunci da parte della band statunitense.

L'uscita del disco è stata preceduta dalla comparsa sugli store digitali e sulle piattaforme di streaming dell'intera discografia dei Tool, prima disponibile solo in formato fisico, e da un tour negli Stati Uniti e in Europa, dove il gruppo ha eseguito in anteprima due nuovi brani, Descending e Invincible.

La versione digitale di Fear Inoculum, composta da dieci brani e con una durata di quasi un'ora e mezza, rappresenta il lavoro più lungo del gruppo, mentre l'edizione fisica consiste in un cofanetto contenente un CD con sette brani, un libretto di 36 pagine e un piccolo schermo integrato con video esclusivi e un altoparlante da 2 watt.

Fear Inoculum si apre con la traccia omonima, rilasciata come singolo già il 7 agosto e divenuta subito il brano più lungo ad entrare nella classifica statunitense. Si tratta di un pezzo tanto onirico quanto oscuro, che annuncia subito le intenzioni dell'album: non un cambio di rotta per la band statunitense, ma una naturale prosecuzione della musica prodotta fin da inizio carriera.

Segue Pneuma – il brano più elogiato dai fan dopo il primo ascolto –, che oscilla tra sezioni molto scandite e altre dal sentore quasi doom, ricordandoci come la ritmica sia il tratto distintivo e più caratteristico dei Tool, da sempre favorito anche dall'attenta scrittura dei riff del chitarrista Adam Jones.

Litanie contre la Peur è un breve arzigogolo elettronico. Si tratta del primo dei quattro intermezzi del disco (tre dei quali presenti solo nella versione digitale dell'album), il cui scopo è difficilmente comprensibile e che sono stati definiti non necessari dai più.

Invincible è un lungo crescendo: ingrana lentamente, in perfetto stile Tool, e si trasforma infine in un pezzo cadenzato e duro, passando attraverso una fase vagamente elettronica, caratterizzata da un filtro robotico apposto sulla voce del cantante Maynard James Keenan.

Legion Inoculat è il secondo, rumoroso intermezzo, che crea un'atmosfera vagamente cinematografica.

È quindi il turno di Descending, una delle tracce più interessanti dell'album, che mostra un evento più unico che raro nella discografia dei Tool: la presenza di lunghi soli di chitarra, che sanciscono definitivamente l'intenzione di Adam Jones di emergere più che in passato, accostando alla ritmica chitarristica anche una dimensione più spiccatamente melodica.

Si potrebbe definire Culling Voices la ballad del disco, anche se verso la fine non mancano i momenti carichi ed energici. La prima parte è tutta eseguita da chitarra e voce e sentire chiaramente il bel timbro di Maynard fa inevitabilmente pensare a come il suo contributo in questo lavoro sia meno incisivo del solito.

Chocolate Chip Trip è l'unico intermezzo presente anche nella versione fisica di Fear Inoculum, un altro piccolo punto di domanda all'interno del disco, ma che almeno propone un bel solo di batteria di Danny Carey.

7empest è il brano più lungo dell'album e sicuramente il più violento: nei quasi sedici minuti che lo compongono, si dispiega tra ritmi serrati e frasi di più ampio respiro, lasciando a ogni membro della band il suo giusto spazio e ricordandoci che ogni Tool è a suo modo indispensabile e necessario.

Se l'edizione fisica termina qui, quella digitale contiene ancora Mokingbeat, un ultimo strano intermezzo, fatto di suoni elettronici e dubbi cinguettii.

In ultima analisi, Fear Inoculum si presenta per quello che è: un disco dei Tool. Tanto godigibile per i fan quanto potenzialmente noioso per un pubblico impreparato, non mostra sostanziali differenze rispetto alla produzione precedente, quasi i tredici anni da 10,000 Days non fossero passati.

Il grande difetto dell'album potrebbe individuarsi nell'assenza di un pezzo veramente orecchiabile – come potrebbero essere le passate The Pot e in parte anche Lateralus –, il che dà quasi la sensazione che Fear Inoculum sia composto da un'unica lunga suite, dove niente emerge come particolarmente memorabile. Questo senza dubbio è in linea con il comportamento della band degli ultimi anni: notizie centellinate sui lavori in corso, qualche presa in giro ai fan, scalette essenziali concesse in concerti molto costosi sono solo alcuni degli atteggiamenti adottati da Maynard e soci. Ma, a pensarci bene, siamo sicuri che questo sia un problema?

In un modo di divismo sfrenato, di social network che tengono in costante contatto artisti e fan, di giornalismo interessato più alle vite dei musicisti che alla loro arte, i Tool si sono sempre mostrati distaccati e indipendenti, dediti solo alla musica e mai alla fama fine a se stessa.

Fear Inoculum è un disco maturo e deciso, che non ammicca a nessuno e non ricerca mai la commercialità, riportando a galla nel 2019 i valori più originari e fondativi della musica metal. Adesso non resta che attendere l'annuncio del prossimo tour, così da sottoporre le nuove canzoni alla più dura delle prove: quella del live.

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