top of page

Chopin secondo don Giussani (Preludio n°15, guida all'ascolto)


Don Luigi Giussani, il fondatore del movimento di Comunione e Liberazione, credeva fortemente nel valore educativo della musica. Iniziato alla musica da suo padre, fin dalla fanciullezza coltivò una passione per quest’arte.

Affermò di essere stato folgorato da giovane dall’aria Spirto gentil tratta da La Favorita di Donizetti, brano che per la prima volta gli aprì gli occhi sul mistero dell’uomo e sull'esistenza di Dio.

Da quel giorno intuì che la musica dovesse essere una presenza costante nella sua vita e in quella del movimento che stava creando, e nel tempo iniziò a selezionare per i suoi ragazzi tutta la musica che ascoltava, che gli suscitava riflessioni, che gli chiariva particolari aspetti dell’esistenza. Percepiva lo straordinario potenziale formativo della Bellezza: la sua visione religiosa della vita coglieva nella musica, in maniera originalissima, l’aspetto profondamente legato all’umano. Lo stesso Riccardo Muti lodò Giussani, ringraziandolo per ciò che “ha dato alla musica, indicandola a tanti giovani come l’esperienza che ci comunica il mistero”.

Nel 1997, spronato da Alberto Savorana, don Giussani fondò una collana di CD che raccontasse, secondo i suoi occhi e attraverso i suoi commenti, la grande epopea della della musica occidentale. La collana venne intitolata Spirto gentil, in memoria dell’aria sopracitata.

Fra i suoi commenti musicali figura quello del Preludio op.28 n.15 in re bemolle maggiore di Fryderyk Chopin.

Scritto dal compositore polacco fra il 1831 e il 1838 come il resto della raccolta op.28, esso evoca la forma di un notturno, sia per il carattere che per la sua organizzazione formale: una sezione iniziale (A), di carattere lirico e sognante, a cui segue una sezione in do diesis minore (B) di carattere drammatico, seguita da una ripresa finale della prima sezione (A’).

La composizione si apre in maniera sommessa con un tema semplice e delicato, che sfociando a un certo punto in un secondo tema più tetro e malinconico manifesta man mano sempre più angoscia, e questo tema viene condotto dalla mano sinistra nel registro grave del pianoforte anziché dalla destra in quello acuto.

Presenza costante dall’inizio alla fine del brano è una nota, sempre la stessa (il la bemolle, enarmonicamente anche sol diesis), continuamente ribattuta in maniera martellante a ritmo di crome. Per tale motivo il preludio è stato soprannominato in maniera apocrifa “Il preludio della goccia”.

Di tale incessante goccia sono state date diverse interpretazioni.

A me piace immaginare questo continuo ribattuto come una sorta di linea temporale, di costante, di tessuto sopra il quale si sviluppa tutta la storia di una vita umana, con le sue gioie e i suoi dolori, le sue speranze e le sue paure.

La vera protagonista del preludio non è la melodia, ma proprio quella nota perennemente ribattuta, quasi a indicare la costante presenza di “qualcosa” o di “qualcuno” che accompagna la nostra esistenza.

Si può anche interpretare filosoficamente come il contrasto tra l’essere e il divenire, tra la staticità e la trasformazione. Il commento che ne fa don Giussani è questo:

“[...] Mi sono improvvisamente accorto che la bellezza del preludio di Chopin era apparentemente determinata dalla melodia di primo piano - che è bellissima, ha delle variazioni bellissime -, ma l'attrattiva del pezzo, la profondità del pezzo, la verità del pezzo non era nella melodia: era in una nota che incominciava a farsi sentire leggerissima e poi cresceva, cresceva, cresceva, così che la melodia passava in seconda linea e invece ingrossava questa nota, sempre quella, sempre quella, sempre quella; e poi passava in secondo piano e poi ripassava in primo piano.

E quando uno incomincia ad accorgersi di quella nota, capisce che il tema del pezzo è quella nota e non la melodia, e quella nota diventa come una fissazione. Tant'è vero che alla terzultima o penultima battuta finalmente sembra che questa nota sia stata vinta: la melodia prende il sopravvento e detta le sue note lentamente, quasi dominando il campo. Ma dopo quattro o cinque di queste note che dominano il campo, tac tac tac: la goccia ritorna. E io ho capito improvvisamente, sentendo questo preludio di Chopin - dopo averlo sentito cento volte -, che questo è il senso della vita: il senso della vita è come quella nota, sempre quello, uniforme. Tutto il colore, tutta la varietà della vita è nell'apparenza; ma, pur essendo la varietà della vita, il colorito della vita, tutto nell'apparenza, non è quello il tema della vita. Quello che l'uomo vuole non è quello, quello che l'uomo aspetta non è quello: è piuttosto quella fissazione lì, che è il desiderio di felicità, il desiderio della felicità.

Quella nota li è nella melodia ciò che nell'uomo è il desiderio della felicità, l'esigenza del cuore, vale a dire il punto di fuga. Sentitelo questo preludio di Chopin e poi vedrete.“

(da L'autocoscienza del cosmo, p.299, BUR, Luigi Giussani)


bottom of page