La durata e il senso della nostra vita. Riflessioni su "Canto alla Durata" di Peter Handke
“E questo amore
Ha la sua durata non in qualche atto,
ma piuttosto in un prima e in un dopo,
dove per il diverso senso del tempo di quando si ama,
il prima era anche un dopo
e il dopo anche un prima.”
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Celebre scrittore austriaco contemporaneo, noto soprattutto per le sue opere narrative, Peter Handke vince il premio Nobel per la Letteratura nel 2019. In “Canto alla durata”, poema filosofico- narrativo risalente al 1986, “indossa le vesti” di poeta, consapevole e convinto del fatto che per restituire pienamente l’essenza di un concetto al contempo astratto e tangibile come quello della durata sia necessaria una poesia, un canto che sia in grado di pervadere l’animo umano proprio come fa la stessa durata. La riflessione dell’autore prende spunto dai concetti di tempo e durata che il filosofo Henri Bergson elaborò a cavallo tra l’Otto e il Novecento. La durata, secondo quest’ultimo, può essere indubbiamente misurata da un punto di vista fisico e quantitativo, ma ciò che è più importante è la percezione che la coscienza umana ha del tempo, ovvero una percezione qualitativa e indissolubilmente legata alle esperienze già vissute e che sta vivendo. Di qui prende avvio il canto di Handke: la durata non è misurabile, ma è una sensazione spesso fugace e imprevedibile, una sorta di attimo che fissa un’eternità, un momento epifanico, in cui ci si rende improvvisamente conto della necessità di raccogliersi in se stessi e ascoltare attentamente il proprio io. In questo momento in cui i nostri sensi e la nostra anima sono in ascolto, le “dissonanze” che compongono il nostro essere, le nostre diverse esperienze di vita, acquisiscono una sorta di senso comune, si compongono in un’armonia di accordi che restituiscono alla nostra esistenza una melodia, che è la sensazione della continuità della propria vita. Questo senso di persistenza nasce dalla consapevolezza della propria vita, vissuta da un io che è sempre lo stesso dall’infanzia alla vecchiaia, età nella quale ci si può guardare serenamente indietro, dentro gli occhi del bimbo che si è stati, essere indulgenti con lui e perdonarlo degli errori commessi. Ciò può avvenire solamente quando si è aperti ad essere attenti a cogliere le esperienze che il mondo ci offre in maniera lenta e autentica, soffermandoci alle volte su piccoli particolari apparentemente insignificanti, ma che offrono al nostro animo proprio il sentimento della durata.
Esso può ritrovarsi ed esprimersi attraverso il richiamo di una voce che ricorda quella ascoltata in un momento e in uno contesto lontano e diverso, lasciandoci pervadere di nuovo da questa sensazione di continuità, quasi come un ciclo di esperienze che si susseguono e si somigliano, fissandosi appunto in un “attimo eterno”. La durata si ritrova nei piccoli gesti quotidiani e secondari, quelli in cui ci prendiamo cura delle persone che amiamo, alle quali prestiamo ascolto e attenzione e doniamo la nostra fedeltà lungo il trascorrere del tempo; nei tanti primi sguardi che seguono un amore che è nato al vero primo sguardo, con i quali osserviamo come cambia la persona che amiamo nei diversi momenti in cui ci doniamo l’un l’altro nel corso della nostra esistenza, nel momento in cui osserviamo i nostri figli crescere e ci prendiamo cura di loro anche da lontano, udendo il rumore che indica il loro ritorno a casa la sera, la musica più bella che un genitore possa ascoltare. Percepiamo il senso della durata mentre torniamo nel luogo che definiamo casa, ma che non deve essere necessariamente lo stesso per tutta la lunghezza della nostra vita: la durata non consiste né nel restare sempre nello stesso luogo né nel viaggiare continuamente; non è la sensazione di felicità che sentiamo durante un’escursione con gli amici, non è nella ripetizione sempre uguale di anonimi gesti e azioni quotidiane: tutte queste sensazioni provengono dall’esterno, mentre la durata consiste nel sentirsi vivere, nel senso di persistenza e continuità, che è qualcosa di molto più profondo di un insieme di ricordi ed esperienze. La ricerca filosofica ed estetica di Handke, secondo il curatore del libro Hans Kitzmuller, consiste infatti nel tentativo del soggetto di diventare cosciente e consapevole dell’esperienza di continuità di cui si è parlato. L’autore svolge questa ricerca ricostruendo le situazioni in cui il suo stesso essere ha avvertito se stesso come soggetto costante nel tempo. Importanza fondamentale, in questo senso, oltre all’amore e alla fedeltà, sia sul piano erotico-sentimentale sia sul piano filiale, assumono i cosiddetti “luoghi della durata”. Sono luoghi spesso marginali, insignificanti per gli altri, ma che assumono per noi un qualcosa con cui, per varie motivazioni, instauriamo un legame intimo, che va oltre alla presenza fisica di questi luoghi. Possiamo infatti percepire la durata anche nell’assenza, nei momenti in cui ci stiamo dedicando ad altre cose e ci pervade improvvisamente una sorta di scossa che ci immerge in maniera fulminea nella sensazione che richiama un luogo o una situazione in cui percepiamo la durata, una percezione che sicuramente non ci stravolge, ma che in un certo qual modo “chiude il cerchio” della nostra vita, ci permette di sentirla profondamente, di farne un bilancio, di darne un senso cogliendo ciò che per noi stessi ha più valore. La durata ci fa sentire al posto giusto, nel nostro centro del mondo, che sia esso un luogo della nostra infanzia o la persona che sta al nostro fianco.