top of page

3 mesi alle elezioni europee: che cos'è l'Ue?


Di qui a tre mesi i cittadini italiani saranno nuovamente chiamati ad esprimere il proprio voto. Tra il 23 ed il 26 maggio si terranno infatti, in tutti gli Stati Membri dell’Ue, le elezioni per il Parlamento Europeo: come vedremo, un importante appuntamento democratico.

Questo vuole essere dunque il primo di una serie di articoli volto a facilitare il personale raggiungimento della consapevolezza di chi, come e perché votare. A tal scopo, nelle prossime settimane raccoglieremo le domande dei nostri lettori e tenteremo di fornirvi risposta nei nostri articoli. Potete liberamente inoltrarci le vostre domande, curiosità ed osservazioni.

Oggi iniziamo il nostro percorso alla scoperta dell’Unione europea e delle sue istituzioni con una prospettiva capovolta: partiremo da come l’Ue ci appare oggi, ripercorrendo a ritroso le tappe più importanti della sua costituzione, per arrivare alle sue origini nel secondo dopoguerra.

L’Unione europea è oggi composta da 28 stati membri[1], con una popolazione complessiva di circa 500 milioni di abitanti, e rappresenta, dopo gli Stati Uniti, la seconda economia mondiale. 19[2] tra i paesi membri formano inoltre l’Eurozona, ovvero hanno adottato una moneta comune ed istituito una sola banca centrale, la BCE.

Oltre alla BCE, le altre istituzioni principali dell’Unione sono la Commissione (l’organo esecutivo), il Consiglio dell’Ue ed il Parlamento (che concorrono all’esercizio del potere legislativo). Il potere giudiziario spetta invece alla Corte di Giustizia dell’Ue. A complicare le cose, è bene ricordare l’esistenza di altre due istituzioni chiamate “Consiglio”: il Consiglio europeo ed il Consiglio d’Europa (va’ che ridere). Il primo è, dal 2009, un organo ufficiale dell’Unione e riunisce tutti i capi di governo dei paesi membri al fine di delineare le linee politiche generali dell’Ue.

Il secondo invece non è un’istituzione dell’Unione, ma bensì un’organizzazione internazionale per la promozione e la tutela della democrazia e dei diritti umani fondata nel 1949. Legata a quest’ultimo è la Corte europea dei diritti dell’uomo, anch’essa, malgrado il nome possa suggerire diversamente, totalmente slegata dall’Unione europea. A causa dell’ambiguità dei loro nomi, queste due istituzioni vengono spesso, più o meno intenzionalmente, fraintese come organi dell’Ue, benché non ne facciano parte.

Facendo un primo passo indietro, possiamo notare come il ruolo del Parlamento europeo stesso sia cambiato recentemente. Benché, infatti, l’Assemblea parlamentare europea – questo il primo nome del parlamento – fosse già in attività dal 1958, è solo dal 1979 che i suoi membri sono eletti a suffragio universale: quella del prossimo maggio sarà infatti solo la nona tornata elettorale nella storia comunitaria europea. Di più, è solo con il Trattato di Lisbona (2009) – una vera e propria novità in prospettiva storica – che il Parlamento europeo ha assunto a tutti gli effetti lo status di (co-)legislatore, ambito fino ad allora di prevalentemente dominio del Consiglio: quella del 2019 sarà quindi solamente la terza elezione che determinerà la composizione di un’assemblea parlamentare con pieni poteri legislativi, rendendo l’evento in sé, di maggior rilevanza democratica.

Passando invece ai principi, la colonna portante del progetto europeo è rappresentata dalla libertà di movimento: i cittadini dell’Unione godono infatti del riconoscimento della propria libertà di circolazione sull’intero suo territorio. Così come per le persone, anche la mobilità di merci, capitali e servizi non è soggetta a – pressoché – alcuna restrizione tra i paesi membri. Ma non è sempre stato così.

Oggi è infatti possibile per i cittadini di ogni stato membro spostarsi, acquistare o vendere prodotti e servizi su tutto il territorio dell’Unione, così come studiare o iniziare una propria attività all’interno dei suoi confini. Un ultimo passo importante verso la completa garanzia di tale libertà risale solo allo scorso 3 dicembre, del Regolamento[3] sui “blocchi geografici[4]”. In parole povere, è ora possibile fare acquisti online senza alcuna restrizione in base alla propria nazionalità o residenza – no, prima non era normale. Questa misura va ad aggiungersi ad altri avanzamenti del mercato unico, quali l’abolizione delle tariffe di roaming per i telefoni cellulari: dal 2015 è infatti possibile usufruire del proprio abbonamento telefonico (SMS, chiamate e utilizzo dati) su tutto il territorio dell’Unione senza incorrere in sovrapprezzi – di nuovo, no, prima non era normale.

Tuttavia, la libertà di movimento per le persone è un traguardo raggiunto in un tempo relativamente recente dall’Unione (per merci e capitali il processo di abolizione delle barriere interstatali è stato decisamente più rapido). Se infatti i “lavoratori” vedono riconosciuto il loro diritto a spostarsi tra gli stati membri dagli albori del progetto comunitario nel Trattato di Roma (1958), così non è stato per le “persone”. La distinzione tra i due termini e le implicazioni che ne conseguono sono tutt’altro che banali: un lavoratore è, salvo in alcune situazioni, una persona economicamente autonoma, che dunque non necessita di aiuti o sussidi da parte dello stato che lo ospita; di contro, la Convenzione di Schengen (1990) ha esteso tale libertà di movimento alle “persone”. Oggi, ogni cittadino europeo vede dunque riconosciuto, in quanto tale, il proprio diritto a spostarsi liberamente e a risiedere – salvo alcuni limiti – in qualunque stato membro dell’Unione.

Ma una libertà di movimento esistente solo sulla carta stampata dei trattati a poco servirebbe se non accompagnata da un’effettiva capacità di spostarsi sul territorio dell’Unione. I progressi più evidenti su questo fronte sono esemplificati dalla progressiva liberalizzazione del mercato aereo. Se è oggi piuttosto normale poter acquistare voli tra due paesi dell’Unione a prezzi ragionevolmente bassi, la situazione era ben diversa fino a 20 anni fa. E’ infatti solo dal 1997 che il trasporto aereo ha raggiunto la completa liberalizzazione: da allora, qualsiasi compagnia in possesso di una licenza comunitaria può liberamente partecipare alla copertura di una qualunque tratta nei cieli europei, con piena libertà di determinare autonomamente capienza e prezzo del servizio. Fino al 1987, la situazione appariva ben diversa: il settore dei trasporti aerei era fortemente regolamentato, senza concorrenza tra le compagnie nazionali e con tariffe imposte tramite accordi bilaterali tra gli stati. Il sostanziale abbassamento dei prezzi e l’aumento capillare dell’offerta a seguito della liberalizzazione ha permesso dunque l’affermazione nella pratica della libertà di movimento garantita nei trattati.

Ma perché proprio la libertà di movimento costituisce l’anima del progetto europeo? A questa domanda si possono fornire innumerevoli più o meno romantiche risposte. Sicuramente una delle più convincenti – ed anche esplicitamente abbracciata da padri fondatori del progetto comunitario quali Jean Monnet (1888 - 1979) – vede nell’interdipendenza – in primis economico-commerciale – tra i vari paesi lo strumento attraverso il quale raggiungere un duplice obiettivo: scoraggiare future guerre e incentivare lo sviluppo delle nazioni. Questa tradizione del pensiero socioeconomico ha profonde radici nel pensiero di autori quali Adam Smith (ne “La ricchezza delle nazioni”, 1776) e Immanuel Kant (ne “Per la pace perpetua”, 1795).

Al fine di creare tale interdipendenza tra stati, è necessario che sia i prodotti che si da vendere (merci e/o servizi) sia i fattori necessari per produrli (materie prime e lavoratori) possano spostarsi liberamente attraverso le frontiere. Questo spiega perché la libera circolazione di lavoratori – e non persone –, merci e servizi sia stata al centro dell’infanzia comunitaria. Curiosamente, l’odierna Unione europea – nome adottato solo con il Trattato di Maastricht (1992) – ha le sue origini in una forse poco affascinante Comunità europea del carbone e dell’acciaio (1951). Davvero poco affascinante se non ci si accorge di come carbone ed acciaio siano le risorse chiave per due attività antitetiche: la preparazione alla guerra e la ricostruzione. Alla diplomazia reazionaria e punitiva del Trattato di Versailles (1919) nel primo dopoguerra, che altro non poteva ispirare se non vendetta, le personalità lungimiranti al centro del progetto comunitario – Schumann, Adenauer, De Gasperi, Monnet … – decisero di sostituire condivisione e reciproca fiducia, principi di cui forse, a settant’anni di distanza, abbiamo ancora disperatamente bisogno.

[1] regolamento (UE) 2018/302

[2] I blocchi geografici sono una pratica discriminatoria che impedisce ai clienti online di accedere e acquistare prodotti o servizi da un sito web basato in un altro Stato membro.

[3] Austria, Belgio, Bulgaria, Cipro, Croazia, Danimarca, Estonia, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Irlanda, Italia, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Malta, Paesi Bassi, Polonia, Portogallo, Regno Unito, Repubblica Ceca, Romania, Slovacchia, Slovenia, Spagna, Svezia, Ungheria.

[4] Austria, Belgio, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Irlanda, Italia, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Malta, Paesi Bassi, Portogallo, Slovacchia, Slovenia, Spagna.


bottom of page